domingo, 21 de junho de 2009

Agora os donos da ditadura santa fazem reféns, com a famíla Rafsanjani, mas é o povo inteiro refém dos santos homens. Santos....

ARRESTATA LA FIGLIA DELL'EX PRESIDENTE RAFSANJANI

Teheran: ancora scontri, decine di morti
Ahmadinejad: «Basta interferenze»

«Cnn»: almeno 19 vittime. Ma per la tv di Stato sono solo dieci. Merkel: «Smettere violenze, riconteggio dei voti»

TEHERAN - Non si ferma la violenza in Iran dopo i probabili brogli che hanno sancito il trionfo del presidente uscente Mahmoud Ahmadinejad nelle recente elezioni presidenziali a dispetto di quello che avrebbe dovuto essere il vincitore, il riformista Mir Hossein Mousavi. Da sabato è scontro aperto tra i suoi sostenitori e il regime, dato che la Guida suprema, l'ayatollah Khamenei, si è schierato venerdì ufficialmente con Ahmadinejad. Mousavi in un comunicato sul suo sito web ha sostenuto che sono legittime le proteste del popolo «contro le frodi e le bugie. Oggi il Paese è in lutto per quelli che sono stati uccisi nelle proteste, ma vi chiedo di restare calmi».

MANIFESTANTI IN PIAZZA - Domenica a Teheran, per l'ottavo giorno consecutivo, i manifestanti sono scesi in piazza per contestare il risultato elettorale. Video amatoriali mostrano un corteo in una delle vie principali del centro della capitale, con i partecipanti che gridano slogan come «Non abbiate paura, siamo uniti» e «Morte al dittatore» (guarda). Secondo testimoni citati dalla Cnn migliaia di agenti antisommossa sono stati dispiegati nelle strade della città e molti negozi sono rimasti chiusi. In un blog di Twitter dedicato all'Iran si parla di 50 mila dimostranti che avrebbero sfilato davanti alla sede delle Nazioni Unite nello Shahrzad Boulevard a Teheran. Secondo quanto riporta la Cnn, un'altra manifestazione di protesta ha avuto luogo nell'Università Azad. Alcuni post nel blog #iranelection su Twitter parlano di scontri nella piazza Baharestan. Domenica la situazione è comunque più tranquilla rispetto a sabato, quando secondo fonti ospedaliere 19 persone sono rimaste uccise negli scontri tra dimostranti e polizia. Su alcuni social network si parla di 150 morti e centinaia di feriti.

«CALMA INSOLITA» - Secondo Lara Setrakian, corrispondente della rete Abc per il Medio Oriente, a Teheran c'è invece una calma insolita. La giornalista preannuncia però nuove manifestazioni e un discorso di Mousavi o di sua moglie Zahra Rahnavard. Anche l'agenzia Afp riferisce che non ci sono segnali di manifestazioni nel centro della capitale. L'agenzia cita testimoni secondo cui la polizia interviene per disperdere anche i capannelli di due-tre persone. Altre testimonianze parlano di traffico normale e negozi aperti. Alcuni blogger si spingono a dire che il governo starebbe perdendo il controllo dell'esercito, dato che sabato diversi soldati si sarebbero rifiutati di sparare sulla folla. Lo scontro in Iran avviene non solo nelle piazze, ma anche per il controllo dell'informazione. Dopo che il regime ha ufficialmente bloccato il lavoro dei cronisti stranieri le notizie arrivano con difficoltà. Ultimo in ordine di tempo il corrispondente della Bbc Jon Leyne, espulso domenica dal Paese perché accusato di «sostegno ai rivoltosi» dopo che aveva espresso dubbi sull'attentato al mausoleo di Khomeini. Il giornalista dovrà lasciare l'Iran entro 24 ore. L'opposizione si affida al web, blog, siti e social network per comunicare con il mondo, il regime replica attraverso tv, giornali e radio. Smentendo però diverse volte se stesso.

NOTIZIE E SMENTITE - Per esempio sul bilancio delle vittime. Da Teheran la tv di Stato manda prima la notizia che un numero imprecisato di persone sono morte sabato a Teheran per l'incendio di una moschea appiccato da «rivoltosi» nel corso della manifestazione dell'opposizione. L'emittente ha anche mostrato immagini dell'edificio in fiamme. Poco dopo però arriva la smentita: nessun morto nell'incendio della moschea. Secondo sempre la tv di Stato inizialmente erano 13 le persone uccise negli scontri di sabato tra la polizia e quelli che vengono definiti «gruppi terroristici». Bilancio poi ridotto a 10 morti e un centinaio di feriti. «Terroristi» che il governo di Teheran identifica con mujaheddin che hanno le loro basi all'estero, per esempio nel vicino Iraq, e il loro quartier generale a Londra. Il ministro degli esteri Manuchehr Mottaki ha accusato senza mezzi termini la Gran Bretagna, dicendo che negli ultimi mesi prima del voto «è stato registrato un forte incremento nel flusso di persone provenienti dalla Gran Bretagna che entravano in Iran». Secondo Mottaki Londra addestra gruppi terroristici attivi nel sud della Repubblica islamica e influenza le altre potenze per fare loro assumere una posizione contraria al programma nucleare di Teheran. In particolare starebbe cercando di bloccare ogni apertura dell'amministrazione Usa verso l'Iran.

Faezeh Hashemi (Ap)
Faezeh Hashemi (Ap)
ARRESTATA FIGLIA DI RAFSANJANI - Ci sono anche nuovi arresti eccellenti: durante le manifestazioni di sabato sono stati portati in carcere la figlia dell'ex presidente Akbar Hashemi-Rafsanjani e quattro suoi parenti, accusati di coinvolgimento nelle proteste contro Ahmadinejad, come riporta l'agenzia Fars. Faezeh Hashemi, nota attivista per i diritti delle donne, è emersa negli ultimi anni come figura di spicco dell'opposizione. Prima del voto, il presidente aveva accusato Rafsanjani e i suoi figli di corruzione e l'ex presidente è uno dei principali sponsor di Mousavi. Tra gli arrestati anche la figlia di Faezeh. Tutti sono accusati di avere partecipato a un raduno illegale nel centro di Teheran, durante il quale sono scoppiati gravi incidenti, e di avere «provocato e incoraggiato i rivoltosi». Una fonte delle forze di sicurezza ha detto invece che la donna e gli altri membri della famiglia sono stati portati in una stazione di polizia «per la loro stessa sicurezza».

KHATAMI: «PERICOLOSE CONSEGUENZE» - Tra le voci dissenzienti ancora in libertà, quella dell'ex presidente iraniano Mohammad Khatami, che ha ammonito sulle «pericolose conseguenze» che potrebbero derivare dal divieto di manifestare imposto dalle autorità. Inoltre addebitare la crisi iraniana a un complotto delle potenze straniere è «indicazione di una falsa politica». Con queste dichiarazioni l'ex presidente, appartenente al clero sciita con il titolo di hojatoleslam, è uscito allo scoperto nella disputa arrivata ad investire l'establishment. Mantiene invece il silenzio Rafsanjani, assente venerdì alla preghiera collettiva a Teheran, quando la Guida suprema ha affermato che le manifestazioni dovevano cessare. L'ultima volta che Rafsanjani aveva fatto sentire la sua voce era stato con una lettera inviata allo stesso Khamenei prima delle elezioni, in cui gli chiedeva di garantire uno svolgimento corretto della consultazione e avvertiva che in caso di sconfitta di Mousavi attraverso brogli, nelle piazze sarebbero potuti scoppiare gravi incidenti. Nella sua dichiarazione odierna, Khatami chiede «l'immediato rilascio di tutti gli arrestati durante le proteste», ritenendo che ciò «può calmare la situazione nel Paese». E chiede alle autorità di «rispettare i diritti del popolo». Il ayatollah dissidente Hossein Ali Montazeri, già successore designato dell'ayatollah Khomeini come Guida suprema e poi defenestrato, ha proposto tre giorni di lutto nazionale per i manifestanti uccisi e ha affermato che resistere alle richieste del popolo sulle elezioni è proibito dalla religione.

«BASTA INTERFERENZE» - Domenica c'è stato un nuovo, duro intervento di Ahmadinejad, che ha intimato a Stati Uniti e Gran Bretagna di smettere le interferenze nelle vicende interne dell'Iran. «Considerando le vostre sconsiderate affermazioni, non potete più essere considerati degli amici della nazione iraniana. Pertanto vi consiglio: correggete il vostro atteggiamento fatto di ingerenze» ha detto il presidente rieletto a un consesso di chierici e insegnanti. Il riferimento è alle critiche che numerosi Paesi occidentali hanno rivolto alle autorità per il rifiuto di accogliere la richiesta di riconteggio dei voti. Anche il presidente del Parlamento Ali Larijani ha chiesto in un discorso all'assemblea di rivedere i rapporti con Gran Bretagna, Francia e Germania, alla luce di quelle che ha definito «vergognose» dichiarazioni sulla contestata elezione presidenziale. La radio di Stato ha riferito che Larijani «ha chiesto alla commissione del Parlamento per la politica estera e della sicurezza di mettere in agenda la revisione dei rapporti con i tre Paesi europei». In seguito il governo iraniano ha convocato gli ambasciatori e i rappresentanti dei 27 Paesi europei presenti a Teheran. Il ministro degli Esteri ceco, Jan Kohout, il cui Paese ha la presidenza di turno europea, ha detto che l'Ue sta preparando una reazione. Un portavoce del ministro ha detto che i diplomatici «non hanno avuto la possibilità di esprimere la loro posizione» sulla crisi in Iran.

MERKEL: «RICONTEGGIO DEI VOTI» - Continua dunque il pressing della comunità internazionale sul regime di Teheran. La cancelliera tedesca Angela Merkel ha sollecitato le autorità ad astenersi dall'uso della forza e della violenza contro le manifestazioni popolari e ha chiesto un riconteggio dei voti. Da Londra, il ministro degli Esteri David Miliband ha respinto l'accusa secondo cui le proteste contro i brogli sarebbero pilotate da Londra. «Non è vero che le manifestazioni sono manipolate dall'esterno - ha detto -. Respingo categoricamente questa idea. Il Regno unito è fermissimo nel sostenere che spetta al popolo iraniano scegliere il suo governo». Per l'Italia, il ministro degli Esteri Franco Frattini ha espresso preoccupazione per «le violenze e la perdita di vite umane» in Iran e ha chiesto «al governo iraniano di adoperarsi con urgenza per creare le condizioni per una composizione pacifica della crisi interna».

I FERITI NELLE AMBASCIATE - Il governo della Svezia, Paese che dal 1° luglio assumerà la presidenza di turno della Ue, si appresta intanto a consultare i partner europei per valutare come rispondere alla domanda crescente che arriva dai suoi cittadini affinché le porte delle ambasciate occidentali a Teheran vengano aperte per dare rifugio ai manifestanti feriti. L'ambasciata di Svezia nella capitale iraniana ha infatti ricevuto un certo numero di richieste via e-mail, provenienti dalla madrepatria, affinché apra le sue parte per dare riparo ai manifestanti dell'opposizione. La direttrice delle relazioni esterne del ministero, Cecilia Julin, ha riferito che sono arrivate «alcune mail, ma non una valanga» e ha aggiunto che il governo svedese ha intenzione di «valutare, assieme ai suoi partner europei», la risposta da dare alle domande ricevute per l'apertura umanitaria delle porte delle ambasciate. Julin ha anche precisato che la Svezia compare erroneamente su una lista non ufficiale, pubblicata su internet, che indica i Paesi le cui ambasciate darebbero rifugio ai manifestanti feriti a Teheran. Tale lista comprende Australia, Belgio, Finlandia, Francia, Germania e Messico. Dalla Farnesina fanno sapere che nessuna richiesta ad accogliere feriti durante gli scontri è giunta finora dai manifestanti iraniani alle ambasciate dei Paesi europei a Teheran. La Farnesina definisce «prive di fondamento» le notizie secondo cui alcune ambasciate europee avrebbero accolto i feriti e altre no. Le sedi diplomatiche dei Paesi Ue a Teheran, aggiunge la Farnesina, restano come di consueto in costante contatto tra loro. Anche il Belgio ha smentito di aver accolto i feriti in ambasciata. «L'Italia non si sottrarrà agli sforzi internazionali di assistenza umanitaria», ha dichiarato in una nota il ministro degli Esteri, Franco Frattini. «Il ministro Frattini - prosegue la nota della Farnesina - ha già dato istruzioni in tal senso all'ambasciata d'Italia a Teheran ove vi fosse richiesta e bisogno di assistenza ai dimostranti feriti. Frattini approfondirà questi aspetti mercoledì a Stoccolma, in occasione del suo incontro con il ministro degli Esteri svedese».


21 giugno 2009